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Reparto Ortofrutta

L’ortofrutta nel supermercato del futuro? All’estero è già realtà

L’ortofrutta nel supermercato del futuro All’estero è già realtà

Spunti, case history e provocazioni dalla prima sessione del Macfrut Forum

«Se il prodotto è accettato il lavoro è finito. Non è così. C’è il negozio e lì si gioca la partita. Bisogna riconquistare i consumatori che non sono contenti. Con l’emozione e con la ragione». Inizia con questo monito di Roberto Della Casa la prima sessione del Macfrut Forum che si è svolto nella rinnovata sala Sala dei Tre Papi di Cesena Fiera e che ha preceduto l’apertura della fiera vera e propria, quest’anno nella nuova location di Rimini.

Le foto dei reparti ortofrutta della grande distribuzione estera che hanno scandito a più riprese le presentazioni degli ospiti della tavola rotonda dal titolo “Frutta e verdura nel supermercato del futuro” più che mostrare quello che probabilmente avverrà nel mondo del retail, sono la vera fotografia di quello che già succede al di là dei confini italiani. Reparti ortofrutta che comunicano, con display accattivanti, colorati, che valorizzano determinate categorie – come i barries – creando valore per la distribuzione, i produttori e i consumatori.

In attesa che le idee presenti nel Supermercato del Futuro di Coop ad Expo vedano una sua concreta realizzazione anche nei veri punti vendita dell’insegna capofila del mercato italiano – Giuseppe Iasella, manager del settore ortofrutta di Coop Italia presente al Forum ha confermato che molti spunti potranno essere messi in campo a breve – non resta che osservare cosa fanno catene come Sprouts e Whole Food in USA, Morrisons, Budgens e Waitrose in UK, piuttosto che Spar, Colruyt e Carrefour in Europa.

«Il nostro settore in Italia soffre di poca concorrenza sul piano distributivo. Ci vuole benchmarking per fare qualità, ci vuole concorrenza. In Italia, invece, ci sono troppi vincoli di natura politica e amministrativa» ha sostenuto Daniele Tirelli, presidente di AMAGI (in passato esperienze di responsabilità in istituti di ricerca di mercato come ACNielsen e IRI Infoscan) che ha commentato i temi della sessione insieme a Della Casa.

Locale e globale, sfuso e confezionato, stagionalità e destagionalizzazione, infine display e tecnologia: sono stati questi i punti sui quali si sono confrontati Tammy Blank di POPAI International (USA), John Ryan, Retail Week (Regno Unito), Elena Urzhumova,  Spar Volga (Russia), Juan Carolus Brown, Fedefruta (Cile), Andrea Battagliola, La Linea Verde (Italia) e il già citato Giuseppe Iasella di Coop Italia».

Molti gli spunti, spesso vere e proprie provocazioni, lanciate ad arte dai due conduttori tra una presentazione e l’altra. «I produttori devono cominciare a capire che la distribuzione a livello internazionale sta pensando di comunicare che loro fanno anche i produttori (vedi la presenza di una serra in un punto vendita). C’è la volontà di dire con orgoglio che hanno prodotti biologici senza farsi troppi problemi rispetto al convenzionale» dice Della Casa. «Il confezionato ha due missioni: proteggere e informare. In Italia: nascondere e celare» continua invece Tirelli.

La stagionalità, tema delicato in Italia che spesso scatena vere e proprie guerre tra fazioni contrapposte nel mondo ortofrutticolo, viene approcciato all’estero con molta più laicità. “Da Sainsbury’s, per esempio, si vendono “le stagioni del mondo”, il “best in saisons” – continua Della Casa -. Significa prendere i prodotti al meglio della loro qualità nel Paese di provenienza. Il meglio per quel prodotto in quella stagione”.

Insomma, l’impressione netta è che in Italia ci sia ancora tantissimo da fare, e da imparare rispetto all’estero. E se i retailers nostrani aspetteranno ancora, la distanza aumenterà inesorabilmente. Anche perché già ora, come chiosa Tirelli, “è abissale”.

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