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Uva da tavola, Peviani: “Ora inizia la fase interessante per l’Italia”

Per l’imprenditore le varietà tardive permettono di guardare con ottimismo sia al mercato domestico, sia all’export

La seconda parte della stagione dell’uva da tavola è quella nella quale l’Italia potrà dire la sua. Questo l’assunto sul quale si sviluppa l’intervista a tutto tondo ad Andrea Peviani, direttore commerciale dell’omonimo gruppo leader nella produzione, commercializzazione e import-export di ortofrutta. Con una spinta specializzazione in uve seedless.

“Ora c’è la fase più interessante, quella delle uve tardive in cui soffriamo meno i competitor dell’area mediterranea, ragione per cui chi ha la possibilità si sta concentrando su alcune di queste cultivar, che stanno dando risposte soddisfacenti”, spiega infatti Peviani, che continua: “Finora il mercato non è stato buono, a causa del surplus di offerta e della domanda fiacca”.

In questi giorni si riscontra un deciso aumento dei consumi, e il cambio di temperatura previsto per i prossimi giorni aiuterà a segnare la fine della campagna commerciale dei prodotti estivi e l’inizio di quelli autunnali. “Da qui, e fino a quando sarà possibile, l’uva avrà grande visibilità sui banchi di vendita – dice l’imprenditore lombardo – Ora tutti attendiamo che la Grecia termini il proprio prodotto (attorno alla settimana 39, ndr) e che l’offerta spagnola si riduca”.

Specializzati in seedless 12 mesi l’anno

Cosa significa essere specializzati in seedless? Per Andrea Peviani un’attenta analisi di mercato, ricerca varietale, sperimentazione e programmazione. “La ricerca negli ultimi anni si è focalizzata sulle varietà tardive. Essere specializzati in seedless per noi significa essere all’interno dei migliori programmi di ricerca internazionali, e aderiamo anche all’italiano Nuvaut (il primo Consorzio che punta sulla ricerca pubblica grazie a un accordo con il Crea, ndr) che speriamo porti alla selezione di buone varietà”.

“Noi – prosegue Peviani – testiamo ogni anno una 30ina di cultivar, applicando i protocolli suggeriti dai breeder stessi. Protocolli che dobbiamo con pazienza e tenacia adattare alle condizioni dei nostri territori. Se vediamo qualcosa di promettente, lo studiamo più da vicino e passiamo alla coltivazione commerciale. La nostra filosofia è quella di fornire i nostri clienti per 12 mesi l’anno. Abbiamo creato un network di produttori mondiali che ci consentono di offrire le stesse varietà con gli stessi standard qualitativi e in maniera continuativa. Sono gli stessi breeder che ci consentono di creare un network di aziende che condividono tutte la stessa visione. Alcune, poi, da fornitori diventano clienti. Brasiliani, peruviani, sudafricani. Condividiamo tanti clienti e sono loro che ci mettono in contatto quando esportiamo. Da parte nostra, continuiamo a visitare i fornitori e a tenere in considerazione i feedback dei clienti”.

“Avere investito nelle varietà tardive ci mette nella posizione di guardare alle prossime settimane con ottimismo – se il clima non fa sorprese – Confidiamo siano due buoni mesi, sia per il mercato domestico, sia per l’export con l’estero che ci riserva più attenzioni”.

Una cultura tutta italiana

I programmi di selezione in Italia sono nati anche per le specifiche esigenze del consumatore italiano. “Premesso che molto dipende dalla conduzione del vigneto, seguiamo protocolli differenti a seconda che l’uva sia venduta in Italia o, per esempio, nel Regno Unito, perché la stessa varietà raggiunge risultati organolettici totalmente differenti – aggiunge Peviani – In Italia la cultura sull’uva è più accentuata rispetto ad altri Paesi, per i quali la quasi totalità di grappoli consumati è di importazione. Noi italiani rappresentiamo una eccezione, il mondo della produzione annovera dei veri specialisti che dobbiamo aiutare a fare le opportune scelte varietali perché il prodotto sia quanto più sostenibile possibile”.

L’uva perfetta

Coprire tutto l’arco della commercializzazione, piantare materiale in grado di dare soddisfazione a tutti gli anelli della filiera, insistere sul prodotto tardivo, ma ampliare anche il precoce. Un obiettivo è certo: secondo Andrea Peviani bisogna piantare nuove varietà precoci migliori delle attuali. “L’equilibrio perfetto ancora non c’è – afferma – Abbiamo fatti passi da gigante, ma la varietà perfetta ancora non esiste. Va bene anche puntare sulle nicchie e sulle speciality, da avere nel portafoglio varietale da offrire ai clienti, ma non sono la soluzione. Dobbiamo, invece, cercare di estendere il più possibile in avanti la finestra delle tardive”.

Che mercato c’è

Mentre il mercato diventa più recettivo per le uve italiane, la situazione è ormai molto complicata per le importazioni di oltremare con Brasile e Peru che sono stati pesantemente colpiti dagli aumenti dei costi dei container e della logistica. “Oggi si aggiunge anche il cambio Euro/Dollaro che è molto sfavorevole, l’Europa è diventata meno attraente e, considerato anche che la stagione californiana terminerà leggermente in anticipo, mi aspetto che grossi quantitativi confluiranno verso il Nord America. Ottobre e novembre dovrebbero essere vivaci per l’uva italiana, non solo il mercato domestico, ma anche quello europeo sarà interessato alle nostre”, commenta Peviani.

Comunicare è cosa digitale

“La comunicazione in reparto sarebbe molto interessante, ma va considerato che un retailer può avere fino a 600 singole referenze da raccontare, mi sembra troppo oneroso. Noi abbiamo pensato a metodi alternativi, in particolare al Qr-code, che dà l’opportunità di approfondire i contenuti. Cosa difficile da fare in negozio. Certo – conclude Andrea Peviani – il digitale farebbe bene all’ortofrutta: se invece di usare volantini cartacei per promozioni decise 60 o 90 giorni prima – promozioni che peraltro non azzecchiamo quasi mai – forse con un semplice e comodo Qr-code lasciato nelle caselle di posta degli italiani potremmo pianificarle con una settimana di anticipo ed essere più efficaci“.
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