È entrata a pieno regime la produzione italiana di baby-kiwi Nergi, di cui la società cooperativa piemontese Ortofruit detiene l’esclusiva. Dopo l’avvio delle prime piantagioni tra il 2012 e il 2013, la produzione si appresta a fare un balzo in avanti con una crescita di volumi esponenziale: “Quest’anno abbiamo venduto 150 tonnellate, nei prossimi tre-quattro anni puntiamo ad arrivare a mille tonnellate – spiega il direttore di Ortofruit Italia Carlo Manzo – gli impianti sono entrati in piena produzione solo lo scorso anno, il prossimo anno la superficie sarà di 100 ettari”.
Sono una quarantina i produttori italiani di baby kiwi Nergi, tutti associati a Ortofruit e dislocati nella zona di Cuneo. La società cooperativa piemontese ha acquisito i diritti per la produzione e commercializzazione nel territorio italiano (i diritti per l’Europa appartengono ad una società francese) e dallo scorso anno ha iniziato una massiccia campagna di promozione per preparare il mercato alle grosse quantità che arriveranno nella grande distribuzione.
“Il prodotto è molto gradito e chi lo conosce lo ricerca – spiega Manzo – il problema è appunto farlo conoscere, i consumatori non lo recepiscono come piccolo frutto“. Il baby kiwi ha caratteristiche di conservabilità e qualità molto alte ed una shelf-life di alcuni mesi, molto più lunga rispetto al kiwi normale e rientra infatti a pieno titolo nella categoria berry. È in questa ottica che si indirizzano le strategie commerciali di Ortofruit.
“Chiediamo alla Gdo di inserirlo nel banco frigo, vicino a mirtillo e lampone, nello spazio dei piccoli frutti, all’inizio abbiamo faticato a farlo apprezzare dai buyer, adesso è inserito nella linea berry – spiega il direttore – nel 2016 ma soprattutto quest’anno abbiamo fatto molte vendite assistite nelle catene della grande distribuzione, con hostess che fanno degustazioni: in questo modo il consumatore conosce il kiwi Nergi e apprezza”.
