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Nocciole, un “caso Georgia” dal rapporto Nomisma

nocciola

Per le nocciole spunta un “caso Georgia” dal secondo “Rapporto NomismaUnaproa sulla Competitività del Settore Ortofrutticolo Nazionale”, presentato ieri a Roma. Risulta infatti che il paese transcaucasico, nell’ultimo decennio, abbia portato le proprie esportazioni di nocciole dallo 0 al 9%, accreditandosi quindi come una realtà da tenere sempre più in considerazione quando si parla di corilicoltura a livello internazionale.

A una realtà in forte crescita come quella georgiana, fa da contraltare l’Italia, la cui quota export di ortofrutta è scesa in dieci anni dal 5,1% al 3,6%. “Nell’ultimo decennio – rileva in particolare il Rapporto – sul commercio mondiale di ortofrutta fresca (pari a 156 miliardi di dollari), la quota dell’Italia è scesa dal 5,1% al 3,6%, mentre rispetto all’export di ortofrutta trasformata (56 miliardi di dollari), il peso dei nostri prodotti è diminuito dal 7,7% al 6,5%”.

“Complice la concorrenza di grandi player come Stati Uniti (la cui quota è aumentata per entrambe le tipologie di prodotti) e Cina (passata dal 5,2% all’8,6% nel fresco e dal 9,5% al 13% nel trasformato), l’arena mondiale – spiegano i ricercatori – ha visto l’ingresso di competitor emergenti, in grado di conquistarsi repentinamente un “posto al sole”. Ad esempio il Perù nel commercio mondiale di uva da tavola è passato nell’ultimo decennio dall’1% al 7% di quota all’export, l’Iran nel kiwi da 0% a 5%, l’Egitto negli agrumi da 2% a 9%, la Georgia nelle nocciole da 0% a 9%. Ci sono poi alcuni paesi che, grazie all’embargo russo, sono riusciti a sostituirsi ai fornitori europei arrivando a detenere un ruolo rilevante come trader, alla stregua dei più noti olandesi. E’ questo il caso della Bielorussia, che oggi pesa per il 5% sul commercio mondiale di mele (dieci anni fa non compariva tra gli esportatori), grazie ad un export di oltre 500.000 tonnellate verso la Russia (a fronte di una produzione interna di circa 300 mila)”.

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