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Patata bollente. Quelle Dop di Bologna non c’entrano

Le dichiarazioni di Alberto Zambon e Massimo Cristiani al quotidiano La Repubblica

«Le patate di tipo “primura” del marchio D.O.P sono tracciate sino al singolo campo, al quale potremmo accompagnare il consumatore». Non ha dubbi Alberto Zambon, produttore di patate a Budrio, nonché presidente del consorzio della patata di Bologna DOP. In un articolo apparso sulle pagine locali di Bologna del quotidiano La Repubblica, il Consorzio prende le distanze dal grande clamore che ha prodotto la puntata di Report dal titolo “la patata bollente”. L’inchiesta della Forestale, infatti, non tocca il Consorzio e le patate a denominazione di origine protetta che riuniscono una settantina di produttori – 226 ettari, 70mila quintali di prodotto in una zona che va da Bentivoglio a Castel San Pietro – non possono correre alcun rischio di essere contraffatte con altre provenienti, per esempio, dalla Francia, argomento cardine dell’inchiesta della trasmissione della Gabbanelli.

«Se ci saranno responsabilità, ne risponderanno i singoli – afferma questa volta il vice presidente del Consorzio Massimo Cristiani -. Sono le nostre associazioni dei produttori, socie in maggioranza, a garantire il prodotto tipico». Giulio Romagnoli, infatti, sottolinea l’articolo, il produttore al centro del servizio di Report, definito nell’articolo “un grande commerciante ma non il più grande” e che “distribuisce patate di ogni tipo”, è socio minoritario del Consorzio (4%). «È giunto il momento – continua Zambon – di dire che i produttori inquadrati nelle due associazioni Appe e Assopa sono e debbono essere i garanti della provenienza delle patate. Ciò che noi abbiamo proposto alla grande distribuzione e non da ora».

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