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Packaging e Tecnologie

Nasce Future farming district: obiettivo aeroponiche democratiche

In provincia di Brescia una vertical farm produrrà 1.500 tonnellate annue di insalate, erbe aromatiche e microgreen. Presto nella Gdo

Zero, società tecnologica attiva nel campo del vertical farming, ha lanciato una sfida: rendere i prodotti coltivati in aeroponica sostenibili economicamente. O, per dirla con le parole di Daniele Modesto, Ceo dell’azienda, democratici.

“Per farlo dobbiamo ragionare in ottica industriale – ha argomentato stamattina durante la conferenza stampa di lancio del progetto Future farming district di Capriolo (Brescia) – E pertanto abbiamo messo a punto un sistema circolare, integrato, modulare, scalabile e replicabile altrove”.

In sintesi, si tratta di un investimento complessivo di 100 milioni di euro – 60 nella prima fase, 40 nella seconda – tra il 2022 e il 2025. Il primo obiettivo è produrre, su 31mila metri quadri coltivati, 1.500 tonnellate/anno tra insalate, erbe aromatiche e microgreen. Il secondo obiettivo punta al raddoppio della produzione e a includere anche la coltivazione di fragole e di piccoli frutti.

Il progetto di Capriolo è solo il primo del format Future farming district: il gruppo di lavoro coinvolto prevede infatti di replicare esperienze simili in altre località italiane.

La premessa

Le vertical farm, ha fatto notare Modesto, potrebbero essere la soluzione a tanti problemi. Per esempio al consumo di suolo: secondo quanto riferito dal Ceo di Zero, in 40 anni, a livello globale, si sarebbe perso il 33% della superficie agricola. Inoltre, risolverebbero problemi di ordine logistico, perché permettono di accorciare le distanze tra luogo di produzione e luogo di distribuzione, con ricadute positive anche sui costi. Infine, consentono di avere produzioni 365 giorni all’anno, il che ben si sposa con il problema della sovrappopolazione a livello mondiale.

“Ma – ha spiegato Modesto – I conti non tornano. Se si confrontano le vertical farm con le serre tecnologiche, ossia con la tecnica di coltivazione più simile, si scopre che nel mondo ci sono solo 30 ettari di impianti verticali, contro i 500mila in serra. Le vertical farm, oramai sperimentate da parecchi anni, non si sono sviluppate per via dei costi, un metro quadrato richiede un investimento di duemila euro, contro i 500 delle serre”.

Per far quadrare i conti, dopo sei anni di ricerca e sviluppo multidisciplinare, Zero ha messo a punto Future farming district, uno dei più grandi siti di vertical farming al mondo, che nasce dalla rigenerazione di un complesso di archeologia industriale: “L’unico modo per rendere questi impianti sostenibili economicamente – ha sottolineato – è fare massa critica“.

Il progetto nel dettaglio

“Per dare vita a Future farming district abbiamo costituito una newco che nasce dalla collaborazione industriale tra Zero e Iseo Idro, espressione di una società di investimento specializzata nell’acquisizione e nella gestione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fondata da un gruppo di imprenditori altoatesini – ha raccontato Modesto – Nella compagine c’è anche l’imprenditore trevigiano Gianantonio Tramet di Tramite, società di intermediazione specializzata in servizi alla grande distribuzione organizzata“.

L’area che ospita il primo Future farming district è una vecchia industria tessile nel Parco dell’Oglio, a pochi minuti dall’uscita dell’autostrada A4 di Palazzolo, una posizione che consente di raggiungere tutto il nord Italia, la Svizzera, il sud della Germania e l’Austria con una logistica di corto raggio, circa 500 chilometri.

Il complesso occupa una superficie di oltre 200mila metri quadrati, di cui poco più del 10% coperti. Gli impianti di coltivazione in vertical farm, che sfruttano la tecnologia proprietaria di Zero che consente di coltivare senza terra, verranno allestiti sia all’interno di un immobile storico, sia in un’area limitrofa al sito industriale.

Un aspetto da non trascurare è quello energetico: l’energia impiegata proviene da un sistema di centrali idroelettriche situate sul fiume Oglio: “Le vertical farm  – ha commentato Modesto – sono energivore, l’unico modo per ridurre questo impatto è alimentarle con energia prodotta nel sito dove sono installate. Vanno fatte dove si può, non dove si vuole“.

I prodotti della vertical farm saranno sui banchi della Gdo

Quanto al canale di vendita, Modesto non ha lasciato dubbi: l’obiettivo è la Gdo. “Riteniamo che la strategia migliore per far conoscere i prodotti dell’agricoltura verticale e renderli più accessibili, di fatto democratizzandone l’accesso, sia affidare buona parte della nostra capacità produttiva ai principali retailer nazionali – ha concluso – Solo loro possono  spiegare al pubblico i vantaggi offerti dall’agricoltura verticale, allargando la platea di riferimento”.

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