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Focus del mese

Ciliegie, scuole di pensiero (e territori) a confronto

Innovazione contro tradizione in tema di varietà, impianti, tecnologie post raccolta e, anche, comunicazione. Il successo? Sta nel mezzo

La cerasicoltura di Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Puglia è stata protagonista, ieri, del secondo webinar organizzato da myfruit.TV dal titolo “Ciliegio, tradizione o innovazione?”.

Presenti Melinda, con il direttore generale Paolo Gerevini e il digital marketing manager Daniel Turri, Agrintesa, con il direttore generale Cristian Moretti, l’Op Giuliano Puglia Fruit, con il titolare Nicola Giuliano e, infine, l’Università di Modena e Reggio Emilia, con Stefano Lugli. Quattro i temi del confronto: le varietà, gli impianti e le tecnologie nel frutteto, la tecnologia post raccolta e, infine, l’importanza del brend e del territorio.
Ne è emerso un quadro completo, che si può riassumere con le parole di Stefano Lugli: “Occorre valutare tutto nell’insieme, compiendo scelte semplici, efficaci e, anche, durature: la sostenibilità degli investimenti deve essere economica, ambientale, sociale e, anche, salutistica“. In altre parole, l’innovazione c’è, è una componente importante, ma lascia spazio, anche, alla tradizione.

Varietà: si sperimentano quelle nuove, si coltivano quelle tradizionali

Kordia e Regina per il Trentino Alto Adige, Bigarreau Moreau, Giorgia e, soprattutto, Ferrovia per la Puglia, a cui si aggiunge la Staccato. Un mix, tra varietà nuove (vedi serie Sweet e Staccato) e varietà tradizionali, per l’Emilia Romagna. E’ questo il quadro emerso in tema di varietà: “Copriamo il segmento tardivo – spiega Gerevini di Melinda – e, da quando il nostro progetto ciliegia è partito, si ritiene che Kordia e Regina siano le varietà che danno risultati migliori. Stiamo comunque sperimentando ciliegie più nuove. E precoci, per ampliare il calendario”.

“Il lavoro di selezione varietale ci ha impegnato negli ultimi dieci anni – sottolinea Moretti di Agrintesa – Stiamo abbandonando le varietà più vecchie per privilegiare quelle nuove, a cominciare dalla Serie Sweet. Così è anche in atto una sperimentazione con l’Università di Bologna”.

“In Puglia siamo più sul tradizionale – ricorda Giuliano – La Ferrovia copre più del 70% della produzione, ci permette di lavorare per più di 40 giorni con grande soddisfazione per tutti, Gdo, produttori e consumatori. Si è adattata benissimo, non abbiamo problemi di diradamento e abbiamo prodotti con la giusta consistenza organolettica”. Dopo la Ferrovia, spiega  Giuliano, è il turno della Staccato: “E’ la varietà più tardiva al mondo, ci permette di proseguire per altri 20 giorni la campagna della ciliegia”.

Regina, Kordia e Ferrovia sono vere e proprie primedonne – premette Lugli – Ma l’innovazione va avanti, perché si cerca di migliorare rese e qualità“. Sulle precoci, per esempio, sono interessanti nuove varietà americane che hanno fabbisogno di freddo molto basso, circa 500 ore, contro le 800-1200 ore delle varietà tradizionali: “Sono una buona risposta al cambiamento climatico in atto – spiega Lugli – Tra le varietà innovative, un esempio di successo sotto gli occhi di tutti è la Serie Sweet, che permette di mantenere lo stesso standard per tutta la stagione“. E per le tardive? “Stiamo monitorando due varietà tedesche – svela – La scelta varietale è importante, ma da sola non basta, occorre fare anche scelte impiantistiche e tecnologiche adeguate”.

Impianti: le coperture sono il must have, anche al sud

E infatti, proseguendo, emerge l’importanza di scegliere la giusta forma di allevamento, l’intensità dell’impianto e, anche, la tecnologia per difendersi dalle avversità, soprattutto quelle climatiche, che sono sempre più impattanti e, anche, disastrose.
“In Trentino sono tre i problemi da cui difendersi – racconta Gerevini – Sono la Drosophila suzukii, la pioggia e le gelate“. Se per queste ultime si utilizzano le fiamme pirolitiche, costose sì, ma anche efficaci, per pioggia e insetti non ci sono alternative: “Le coperture, da noi, sono quasi obbligatorie“.

Teli anti-pioggia anche in Emilia Romagna: ne sono dotati il 70% dei nuovi impianti e il 25% degli impianti complessivi, a cui si sommano altre scelte, ossia il frutteto a densità media e l’allevamento a parete, palmetta o fusetto. “Ma con l’Università di Bologna stiamo provando anche altre forme – sottolinea Moretti – per esempio la bandiera. Quanto alla densità, non abbiamo adottato gli impianti super fitti, per via dei costi e per via del portinnesto, che qui non si adatta”.

“Qui in Puglia con le coperture siamo all’anno zero – ammette Giuliano – Nonostante l’esempio dell’uva da tavola, che è tutta coperta, la ciliegia non è oggetto di attenzione da parte degli enti pubblici”. La soluzione? “Il vento di Maestrale che asciuga dopo le piogge – risponde – e gli impianti larghi, non intensivi, che permettono di evitare spacchi e malattie“.

“La scelta dell’impianto deve essere un bilancio tra entrate e uscite – riassume Lugli – Quelli fittissimi sulla carta sono il non plus ultra, ma costano tanto – 100mila euro per ettaro – durano poco, circa dieci anni, e si adattano a pochi areali. Anche la scelta varietale è ristretta”.

Post raccolta: l’importanza della tecnologia

Parere unanime sull’importanza della tecnologia nel post raccolta: “Da tre-quattro anni ci siamo dotati di una macchina selezionatrice sofisticata – ricorda Daniel Turri di Melinda – Grazie alla tecnologia hydrocooling, aumenta la shelf life del prodotto”.

“Grazie alla tecnologia in magazzino – spiega Moretti – riusciamo a garantire la qualità fatta in campo e, dunque, riusciamo a fidelizzare il consumatore: la tecnologia ha ricadute positive su tutta la filiera”.

“Dal raffreddamento rapido alle confezionatrici, passando per la selezione, la Puglia in termini di tecnologia è ben attrezzata – racconta Giuliano – Basti pensare che, dal prelavaggio al cestino, utilizziamo quattro tipi di acqua diverse: di falda, osmotizzata, sterile e sterilizzata”.

Brend o territorio?

Infine, una riflessione di marketing: conta di più il territorio oppure il brend? “Tutte e due – risponde Giuliano – E l’esempio di Vignola è la prova. Qualche tempo fa anche noi abbiamo provato con la Dop o con l’Igp, ma occorre superare le questioni campanilistiche”.
“Vignola si è costruita nel tempo notorietà e credito – precisa Turri di Melinda – Per il nostro progetto ciliegia, ancora agli inizi, la marca può spingere, tanto che intensificheremo la  comunicazione“.
“Qui da noi c’è la specializzazione e c’è il prodotto – conclude Moretti – Il sistema Vignola, con l’Igp, ha certificato tutto questo”.

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